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Raccontare la qualità di un prodotto

Ho sempre pensato che chi scrive su un blog lo può fare fondamentalmente per due motivi: il primo è avere qualcosa da raccontare, il secondo è averne piene le scatole di sentire ripetere sempre le stesse cose e provare quindi a dare un senso diverso alle cose. Preferisco il raccontare al dire. È più caldo, più profondo e crea, tra chi parla e chi ascolta, una serena e antica calma. Raccontare le nostre tradizioni, il nostro vissuto, la storia di un pellame che non ha tempo, ma che lo richiede per essere compreso. Raccontare che qualsiasi cosa, senza la tradizione e la storia unite all’esperienza del saper fare, non può essere di qualità.

Insegnare che i nostri pellami nascono sul territorio e ad esso sono strettamente legati. Interagiscono con il clima e le stagioni, con i colori e le forme delle nostre campagne, con la forte personalità dei nostri caratteri. La storia e l’uomo hanno rimodellato la nostra Regione rendendola unica non solo per il paesaggio, ma anche come custode di componenti fondamentali del vivere umano, come il cibo, l’arte e la cultura. Il nostro compito è fare cultura. Qualsiasi materiale di qualità vera ha bisogno di essere spiegato, compreso e interpretato nelle sue molteplici sfaccettature e nelle sue caratteristiche fondamentali. Non esiste qualità senza cultura della qualità. E mi rimane difficile pensare a una cultura della qualità senza la qualità della vita. Forse occorre tornare a pensare ognuno con la propria testa, valorizzare e comunicare cosa sappiamo fare e chi siamo veramente: i migliori artigiani della pelle.

Proveremo a fare questo anche perché sinceramente non ne possiamo più di fenomenali veggenti che ad ogni stagione (Autunno-Inverno/Primavera-Estate) con toni messianici ci illuminano a pagamento con le loro tendenze moda e profetizzano sul sicuro successo dell’articolo “Metropolitano-Vintage-Punk-Etno-Underground-Retrò” declinato rigorosamente nel colore “Iris-Fluo-Ala di Gabbiano-Riflesso nel mare d’inverno”.

Non abbiamo neppure più tempo e voglia per sopportare il famoso e trito refrain del “occorre lavorare con le firme”, viste fino a poco tempo fa come le salvatrici della tradizione conciaria. La maggior parte di loro, infatti, per esigenze di mercato e di necessaria standardizzazione difficilmente useranno nelle loro collezioni articoli ricercati e naturali come la vacchetta. Così, seguendo le richieste, come ad esempio pellami anti-acqua che non cambiano alla luce e con superfici totalmente omogenee per ottimizzare la resa, ci ritroveremo in breve tempo a vendere tutti lo stesso articolo, qualcosa di simile alla plastica.

Sicuramente sarà difficile diffondere la cultura di un prodotto unico e di valore come la pelle al vegetale, dove ogni singola pelle è diversa dall’altra. Sicuramente sarà difficile affermare un marchio che riunisce una ventina di piccole aziende artigiane radicate da generazioni nel territorio. Questo perché è più difficile affermare uno stile e una personalità propria che seguire le mode. Ma noi ci crediamo. E ci proveremo.

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