La via Francigena taglia in due la Val d’Orcia e il fiume che dà nome alla valle. È sul limitare fra San Quirico d’Orcia e Castiglione, e per l’esattezza a Bagno Vignoni, che il cammino dei pellegrini e il fiume s’intersecano disegnando una croce contorta e tormentata che evoca il senso originario di un lungo pellegrinaggio verso il centro del Sacro Romano Impero e poi per il santo sepolcro di Gerusalemme, come ultima mèta.
Di questo cammino il territorio della Val d’Orcia è sempre stato soglia, luogo di passaggio fra territori contigui e distanti, fra prìncipi laici e potere teocratico, fra Granducato di Toscana e Stato della Chiesa. Una soglia marcata dagli stipiti possenti dell’Amiata e di Radicofani, che sono i due baluardi vulcanici posti a guardia della valle.
La Val d’Orcia e l’Amiata sono un universo compiuto, dove l’una è il mare mosso, ora grigio e poi verde e ancora giallo, delle terre e delle stagioni, l’altro la montagna perennemente azzurrina come la lontananza, evanescente e forte come il pensiero.
Attraversare la Val d’Orcia respirandone la storia
Attraversare la Val d’Orcia e l’Amiata vuol dire imbattersi nelle testimonianze secolari del lavoro dell’uomo, nei sistemi di difesa dei suoi castelli, che furono i castelli della Repubblica di Siena, ma anche nelle pievi e nelle abbazie, nei piccoli ospizi legati alla strada, nelle stazioni di posta, nei mulini e nei ponti che con il loro silenzio e la loro compostezza raccontano un mondo nel quale ogni cosa è al suo posto. Così viaggi per questa terra con la mente, più ancora che con il corpo. E ne ricavi l’impressione di aver attraversato non soltanto lo spazio che essa contiene, ma anche il tempo che l’ha custodita e portata fino a qui.
Da Torrenieri, già castello con mansione di posta sulla strada regia postale romana, all’antichissimo borgo di San Quirico d’Orcia, a Vignoni e ai suoi Bagni, e poi oltre il fiume alle due rocche di Castiglione, seguitando sotto le pendici dell’Amiata lungo il fondovalle del fiume Paglia per Callemala, e poi nella risalita vulcanica a Radicofani e nei dominii dell’Abbazia di S. Salvatore, è un andare lentissimo perché disseminato di pause ineludibili, di meditazioni e di incanti, di pensieri e straniamenti che inducono alla sosta il viaggiatore. A metà del cammino, due provvidenziali sorgenti termali, Bagno Vignoni e Bagni S. Filippo, confortano il pellegrino, ne ristorano le membra e la mente, insieme agli zampilli gelati che sgorgano dalle rocce della montagna e lo dissetano. Perché questi sono i luoghi deputati al ritiro, al rifugio, al raccoglimento di energie fisiche e spirituali senza le quali nessun viaggio sarebbe possibile.
E finalmente i boschi di castagno e di faggio densi di verde, dello stesso verde che videro longobardi e benedettini. Colonne della natura tutt’intorno e alberi in pietra nella cripta della Badia ricordano a chi è arrivato fin lì i labirinti della vita e quelli dell’anima.
Ugo Sani, Assessore Cultura e Istruzione del Comune di San Quirico d’Orcia