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La ribellione secondo Ai Weiwei

La mostra di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi, visitabile fino al 22 Gennaio 2017, è la rappresentazione in arte della libertà di espressione ma anche del vissuto di un artista controverso e provocatorio. Un racconto che sottolinea e narra in maniera eccezionale le avventure della sua vita, prima in Cina e poi negli Stati Uniti, e le disavventure con il regime cinese: in particolare la distruzione del suo studio e gli 81 giorni di prigionia, dal 2 aprile al 22 giugno 2011 in una località segreta.

Perché i regimi sono così, non accettano pensieri controcorrente o voci fuori dal coro. È prevista soltanto un’omologazione di massa ad un pensiero unico. Calato dall’alto e imposto con la forza. Ma soprattutto è bandita la parola libertà, in tutte le sue forme ed in ogni sua interpretazione. Anche con la censura, proprio l’elemento che più viene combattuto dall’artista cinese.

Ma chi è Ai Weiwei?

Nasce a Pechino nel 1957 e sin dalla tenera età ha visto da vicino la brutalità e la repressione del regime cinese. Un elemento che ha caratterizzato la sua vita, che lo ha portato a subire torture ed anche l’esilio, ma che lo ha reso un rappresentante forte nella sensibilizzazione sulla situazione repressiva in Cina ed un’icona riconosciuta a livello internazionale nella lotta per la libertà d’espressione.

La mostra, dal titolo “Libero,seguendo il fil rouge del pensiero controcorrente e delle contraddizioni, propone 60 tra opere, installazioni, sculture ed oggetti dal forte impatto simbolico e dall’enorme valore politico. È un percorso di totale immersione nel mondo dell’artista, nella sua vita, nei suoi tormenti e nella sua voglia di rivalsa contro un mondo per certi aspetti chiuso. Una voglia trascendente di raccontare che un pensiero controcorrente è possibile: comporta dei rischi, certamente, ma è realizzabile. Basta avere il coraggio di esporlo con tutta la propria convinzione. Senza tirarsi mai indietro.

La mostra è la rappresentazione di quanto stiamo dicendo. Palazzo Strozzi si concede e si lascia attraversare in ogni suo spazio, come se fosse un luogo espositivo unico: il cortile, il Piano Nobile, la Strozzina ma anche e soprattutto la facciata, dove sono presenti dei gommoni, rendendo chiaro fin dal primo assaggio l’intento provocatorio, di ribellione e di denuncia contro lo status quo. Ventidue gommoni arancioni, ancorati alle finestre del Piano Nobile, che richiamano la questione dei migranti e che in poche ore, come ampiamente prevedibile, hanno scatenato polemiche.

Perché un’artista divide, fraziona e spacca l’opinione pubblica. Non lascia spazio ad un pensiero omologato, univoco e condiviso.  Ed è giusto che sia così, altrimenti non sarebbe arte ma diventerebbe quell’abitudine ad aderire sempre alle opinioni di chi detiene il potere, ovvero l’odiato conformismo.

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