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Salvador Dalì e “Il Sogno del classico”

Il “Sogno del Classico” di Salvador Dalì: un percorso espositivo all’insegna di una commistione tra surrealismo, con il concetto di sogno in primo piano, e classicismo. Nel nome dato alla mostra c’è già tutto questo, ma viverla è un’esperienza completamente diversa. Una mostra, quella organizzata dalla Fondazione Palazzo Blu insieme alla Fundación Gala – Salvador Dalí e a MondoMostre, che riporta le opere in cui l’artista ha tratto ispirazione dai grandi Maestri del Rinascimento e dalla tradizione artistica italiana. Oltre 150 opere, accuratamente selezionate, che raccontano il rapporto tra la genialità e le visioni artistiche dell’artista ed il concetto di “classico”.

“Il Sogno del classico”: Salvador Dalì e la Divina Commedia

Un genio che si appoggia alle idee e alle illustrazioni di altri geni del passato: può essere questa la chiave di lettura. Con la penisola italiana sempre al centro, fin dai primi passi di questo percorso. Si comincia con quattro dipinti (La Trinità, Sant’Elena Port Lligat, Paesaggio di Port Lligat e Angelo di Port Lligat) dove è palese la trasformazione di Dalì e delle sue opere.

Una svolta che lo porterà al Manifesto Mistico, il documento in cui l’artista definisce le linee della sua “nuova” produzione artistica. La religione che si lega in maniera netta e decisa agli artisti classici da lui più amati. E proprio qui entrano in scena le xilografie che illustrano la Divina Commedia, capolavori prima commissionati nel 1950 dal Ministero Italiano della Pubblica Istruzione, poi mai pubblicati con l’accusa di essere tendenti alla pornografia. Opere che ridisegnano secondo le idee del maestro catalano le figure presenti in questo viaggio tra Inferno, Purgatorio e Paradiso.

Benvenuto Cellini e Michelangelo Buonarroti: l’arte italiana influenza il genio catalano

La mostra poi si sposta verso gli acquarelli e le rappresentazioni che ripercorrono l’Autobiografia di Benvenuto Cellini e le opere che richiamano apertamente un altro genio vissuto qualche secolo prima, ovvero Michelangelo Buonarroti. Di quest’ultimo riprende principalmente gli affreschi della Cappella Sistina e li reinterpreta alla sua maniera, ovvero inserendole in un ambiente surreale e immaginario.

La pietà vaticana” e la “Tomba di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino” sono, ad esempio, due opere che l’artista riporta su tela utilizzando colori ideali e astratti e richiamando così il misticismo quantistico, un campo di studi che interessò molto Dalì nei suoi ultimi anni di vita.

Genio e sregolatezza. Così viene definito, forse a sproposito, Salvador Dalì. Un’etichetta troppo semplicistica e scontata per racchiuderne il talento. In questa mostra però viene dato meno spazio al lato visionario, provocatore ed eccentrico per dare ampia libertà alla ricerca e alla esplorazione del classico. Una sorta di appiglio figurativo nel passato da cui estrapolare la tecnica e lo stile per poi ripartire con l’obiettivo finale di costruire un futuro artistico diverso.

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