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I segni del ritocco: la negazione della naturalezza

I segni come sinonimo di veridicità, di esistenza reale e tangibile. Solo i segni dettati dal tempo e dal suo incessante scorrere testimoniano quello che abbiamo passato, le emozioni intense vissute e le delusioni che ci hanno aperto gli occhi o spezzato il cuore.

Il vero che c’è nelle nostre vite quindi si manifesta attraverso i segni, i quali esprimono il concetto di naturalezza. Non solo ovviamente segni fisici, ma anche segni che marcano indelebilmente il nostro spirito, la nostra anima. Capita però che a volte si decida di passarci sopra e provare a nasconderli, a ritoccarli. Alla base l’esigenza di sottrarre alla vista le imperfezioni, la volontà di celare il tempo e di crearsi un’aurea di eterna giovinezza, ma il tempo non può e non potrà mai essere fermato.

Il ritocco però cambia le connotazioni, modifica il contesto e fa emergere una dimensione costruita e non naturale della persona, dell’oggetto o dell’opera in questione. Spesso inoltre il ritocco non si addice alla conformazione precedente e rischia di presentare un rimaneggiamento grossolano e non consono.

Un esempio di quanto detto lo troviamo nel famoso e chiacchierato caso della foto di Steve McCurry in esposizione alla Reggia di Venaria nei mesi scorsi. Un episodio che ha destato molto scalpore tra i visitatori, ma anche tra gli addetti ai lavori, tutti increduli di fronte a degli errori così marchiani passati inosservati agli occhi di uno dei fotogiornalisti più famosi del mondo e anche al suo entourage, sicuramente esperto in materia, prima di organizzare la mostra.

Un palo della segnaletica stradale a cui manca la parte inferiore, con la stessa soltanto spostata di qualche centimetro e fusa con un passante presente sul marciapiede non può non essere visto da sguardi così esperti, i quali sono abituati a scorgere e cogliere momenti unici e persino emozioni.

La naturalezza, in questo caso, scompare e lascia spazio all’approssimazione, alla manipolazione e alla superficialità: tre concetti che mal si sposano con i valori collegati al tempo, al suo scorrere e a tutto quello che comporta.  Il ritocco e le modifiche quindi come una rappresentazione anacronistica della realtà.

Perché il tempo, così come la realtà, è tale solo se reale, non modificato o costruito a tavolino. Il tempo è genuinità, veridicità, obiettività: concetti che evaporano con la trasformazione dello stesso. Il tempo è cambiamento, è l’oggi proteso al futuro carico del proprio passato. Il tempo è stratificazione di momenti, incontri, luoghi, esperienze. Il tempo è una sfida da affrontare armati di forza e aspirazione all’eternità.

Ovviamente senza ritocchi.

 

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