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Bologna e la social street: dove rinasce il senso di vicinato

Le interazioni sociali, l’interesse comune ed il senso di vicinato sono concetti che con lo sviluppo a dismisura delle tecnologie digitali si sono persi. Ognuno di noi ha sempre meno tempo per parlare faccia a faccia con gli amici oppure per scambiare qualche parola con i vicini di casa: le comunicazioni avvengono solo attraverso contatti digitali e con tempistiche estremamente limitate e volatili.

La tecnologia però, e siamo qui a testimoniarlo una volta di più, non è assolutamente il male del millennio come molti hanno il coraggio di definirla. È semplicemente uno strumento che amplifica le possibilità umane in qualsiasi contesto o situazione e che l’uomo sta utilizzando nel peggior modo possibile. Prendete ad esempio Facebook, il social network amato e odiato che ha rivoluzionato la comunicazione negli ultimi anni: c’è chi lo usa solo nei momenti ludici, chi invece ne ha fatto una fonte di informazione giornaliera, chi lo sfrutta per approfittare delle offerte pubblicitarie che gli inserzionisti danno loro in pasto.

Ma infine c’è chi lo ha usato per integrare interi ambienti cittadini: è questo il caso della coppia bolognese formata da Federico Bastiani e sua moglie Laurell Boyers che nel 2013, appena trasferitisi a Bologna in Via Fondazza, hanno creato un gruppo su Facebook “Residenti in via Fondazza – Bologna” dove tutti gli abitanti della via e del quartiere potessero condividere e vivere a pieno la socializzazione. Il successo della social street è stato clamoroso: nei primi giorni del lancio dell’idea gli iscritti erano pochi, circa una ventina, ma con il passare del tempo sono aumentati sempre più e adesso sono più di 1200.

Adesso è diventato anche un sito dove tutti possono informarsi a riguardo del progetto, saperne di più e comprendere la filosofia che sta alla base di tutto, ma dove è  anche possibile costituire la propria social street di quartiere.

E così un quartiere bolognese si è riscoperto più piccolo e più propenso a socializzare e viversi: feste in strada, progetti collettivi ma soprattutto tanta voglia di stare insieme e di condividere esperienze, anche le più diverse. Da Facebook è partito tutto ed è lì che prosegue il progetto, infatti ancora oggi sono molti gli abitanti che si organizzano e si coordinano tramite questo strumento. Incontri al bar o in altri spazi pubblici, offerte di aiuto a chi lo richiede e tanta solidarietà e fiducia: questo è il risultato vero, tangibile di questo progetto innovativo in Italia. Un progetto di cui andare fieri e da cui trarre spunto per far sì che non resti un caso isolato, ma che diventi un modello sviluppato e condiviso in più parti del nostro Paese e non solo.

Perché il degrado dei rapporti sociali e umani è la principale causa dei problemi che abbiamo ogni giorno davanti ai nostri occhi. Un mondo che non si parla è un mondo che non condivide e quindi non capisce e non ascolta le esigenze.

La tecnologia, quindi, come strumento eccezionale per la condivisione e per la rivalutazione dei rapporti umani. L’innovazione che incontra e fortifica, a suo modo, la tradizione.

 

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